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Yeshua

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LA CROCE DI SPINE

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I TANTI “GIOVANNI” DEI VANGELI

 

Individuata la figura dell’”alter ego” di Gesù di Nazareth, per ora soltanto nei poco credibili ma  evidenti “vuoti” delle cronache di Giuseppe Flavio, e verificatane la coerenza con il contesto familiare, storico, ideologico e religioso delle lotte messianiche, non possiamo fare altro che condannare il nostro personaggio all’anonima definizione di “primogenito di Giuda il Galileo”, accettando rassegnati le critiche di carenza documentale che da più parti potrebbero esserci mosse.

Lo studioso L. Cascioli, citato in precedenza, nel riferirsi al personaggio in questione (103) lo identifica con Giovanni di Gamala, pur in assenza di specifiche indicazioni bibliografiche sull’origine di tale nome.

Non avendo dubbi sulla preparazione e la cognizione di causa del citato studioso, abbiamo seguito una traccia, senza sapere se fosse la stessa da lui seguita, e che comunque porta in maniera diretta ed inequivocabile alla conferma del nome di Giovanni.

 

Precedentemente è stato fatto cenno ad un’antica versione del Vangelo di Matteo (13:55) dove, nominando i fratelli di Gesù, appare il nome di Giovanni al posto di quello di Giuseppe.

È come se con le successive edizioni (peraltro anche molto antiche) dello stesso verso, rimettendo Giuseppe al posto di Giovanni si fosse voluto riparare ad una pericolosa “gaffe” (104).

Tale variante testuale, da sola troppo debole dal punto di vista argomentativo, se unita ad altri indizi può ragionevolmente condurre a riconoscere nei Vangeli una certa sospetta ricorrenza del nome di Giovanni, accompagnata da una costante difficoltà di individuazione del personaggio (o dei personaggi) con tale nome indicato.

 

“…re Erode cominciò a perseguitare alcuni della chiesa e fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni…”(105).

 

Con tutte le falsificazioni e gli sdoppiamenti di identità, non si deve necessariamente dar peso al fatto che nelle scritture neotestamentarie Giacomo e Giovanni vengano indicati come figli di Zebedeo e di una non meglio identificata “madre dei figli di Zebedeo”, che la tradizione cristiana identifica in Salomè (106).

Se Giacomo e Simone, menzionati da Giuseppe Flavio come figli di Giuda uccisi per ordine di Alessandro (Tiberio), sono Giacomo e Simone ai quali gli Atti riservano la stessa fine negli stessi anni, chi è il Giovanni più volte indicato nei racconti neotestamentari come fratello di Giacomo (oltre ad essere considerato il misterioso estensore del quarto Vangelo)?

Se le nostre intuizioni sono corrette, la “Maria madre di Giacomo e Giuseppe” vista da Matteo e Marco ai piedi della croce, oltre ad essere anche madre di Simone e Giuda (Tommaso-Teuda), come gli stessi Matteo e Marco avevano in precedenza asserito “Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda?”, è anche madre di Giovanni, il fratello di Giacomo (anche se Marco si sforza di farci sapere che si tratta del “minore”).

Maria è dunque madre di Giacomo, Giuseppe, Simone, Giuda e… Giovanni!

Dunque, la “madre dei figli di Zebedeo”, vista da Matteo sotto la croce, può tranquillamente tornare a casa contribuendo, così, a mettere ordine in una folla di “Marie replicate”, a giustificazione di una folla di figli Apostoli nati dalla moltiplicazione dei fratelli di “Gesù” divenuti cugini.

Tralasciando il Battista, e l’enigmatica “dualità” che lo vede affiancato o contrapposto a Gesù (che verrà trattata in altra parte), c’è almeno un altro Giovanni sul quale vale la pena richiamare l’attenzione: “Dopo aver riflettuto, si recò alla casa di Maria, madre di Giovanni detto anche Marco, dove si trovava un buon numero di persone raccolte in preghiera” (107).

L’episodio è quello della fantasiosa liberazione di Pietro dalle catene, avvenuta per intervento di un angelo (rammentiamo che Pietro, così come detto da Giuseppe Flavio, fu in realtà giustiziato insieme a Giacomo).

Ecco un’altra Maria: Pietro è con lei in un rapporto tanto stretto da bussare alla sua porta mentre è in fuga dalla prigione.

Eppure il suo nome non era apparso in alcuna altra parte del Nuovo Testamento, così come non era prima apparso quello di suo figlio “Giovanni detto Marco”

Un genitore che a quei tempi e in quei luoghi avesse dato ad un figlio un nome straniero e, ancor peggio, romano come Marco, lo avrebbe esposto a pesanti rischi di incolumità.

Pur mettendo da parte questa riflessione, viene davvero difficile comprendere la metamorfosi subita dal personaggio: lo incontriamo come figlio di una Maria, negli Atti degli Apostoli, lo vediamo ancora come Giovanni Marco in compagnia di Barnaba e Paolo (108), in una successiva missione è causa di separazione tra questi che erano di diverso avviso sulla necessità della sua presenza, ma il suo nome in poche righe fa appena in tempo a perdere il “Giovanni” e conservare il “Marco”: il personaggio in questione da quel momento in poi sparisce per sempre dalle narrazioni.

 

“Dopo alcuni giorni Paolo disse a Bàrnaba: "Ritorniamo a far visita ai fratelli in tutte le città nelle quali abbiamo annunziato la parola del Signore, per vedere come stanno". Bàrnaba voleva prendere insieme anche Giovanni, detto Marco, ma Paolo riteneva che non si dovesse prendere uno che si era allontanato da loro nella Panfilia e non aveva voluto partecipare alla loro opera. Il dissenso fu tale che si separarono l'uno dall'altro; Bàrnaba, prendendo con sé Marco, s'imbarcò per Cipro. Paolo invece scelse Sila e partì, raccomandato dai fratelli alla grazia del Signore.” (109).

 

Incontreremo ancora Giovanni (senza Marco) nei panni del centenario estensore del quarto Vangelo, e Marco (senza Giovanni) in quelli dell’estensore del Vangelo ritenuto più antico.

Tutto quanto espresso non serve soltanto ad evidenziare quanto già più volte verificato in merito alle miracolose capacità da parte degli Evangelisti di generare più individui partendo da uno solo, ma soprattutto a dare risalto alla strana ricorrenza di un nome da non ritenere casuale, che attraversa le narrazioni neotestamentarie volando da un individuo all’altro, moltiplicandone le identità come per partenogenesi, e facendone peraltro proliferare le madri che, a loro volta, si chiamano tutte Maria!

Quello dei “Giovanni” è un groviglio inestricabile ma per venirne a capo si può chiedere ancora una volta l’aiuto della storia.