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Yeshua

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LA CROCE DI SPINE

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RICOSTRUZIONE STORICA E LOGICA

 

“Queste sono le parole segrete che Gesù il Vivente ha detto e Didimo Giuda Tommaso ha trascritto”. La sabbia di Nag-Hammadi ha saputo preservare dalle “pie mani” dei santi falsari le poche parole, con le quali si apre il Vangelo di Tommaso, grazie alle quali è possibile assemblare in un unico individuo più identità fittizie disordinatamente sparse nei testi canonici, allo scopo di creare false tracce, disorientando il lettore e allontanandolo da possibili identificazioni con i reali protagonisti delle vicende storiche prese a pretesto.

 

Tommaso che appare nei Vangeli di "Marco, Matteo, Luca" si identifica, dunque, con Tommaso Didimo o Giuda (diverso dall’iscariota) di Giovanni.

Considerando, poi, che Giuda, di cui parla Luca, corrisponde a Taddeo, di cui parlano Marco e Matteo, che tale Giuda (Tommaso o Teudas, ricavato dalla contrazione dei nomi “Giuda” e “Tommaso”) è chiamato da Luca “fratello di Giacomo” e che Giacomo (detto anche figlio di Alfeo), è anche soprannominato il “Giusto” o “fratello del Signore”, si arriva alla conclusione che Didimo Giuda Tommaso Taddeo (una persona sola), il “Signore” e Giacomo sono fratelli. Il quarto, come detto da Matteo e Marco, era Simone.

In un antico frammento attribuito a Papia (II sec.) è riportato, inoltre, che Maria e Cleofa/ Alfeo avevano quattro figli e che Taddeo era uno di essi, mentre per Matteo, Marco e Luca, anche Giacomo era figlio di Alfeo (Cleopa).

 

Ecco dunque, che può essere depennata una “Maria” moglie di Cleofa/Alfeo dalle misteriose presenze viste dall’Evangelista Giovanni ai piedi della croce.

Tale “Maria” è, infatti, moglie dello stesso… marito di quella che l’Evangelista, riferendosi a Gesù, chiama “sua madre”.

Recuperate, inoltre, le identità dei quattro fratelli, cerchiamo ora di tracciarne un profilo.

 

Giacomo fu arrestato nel 44 d.c. insieme a suo fratello Simone, e giustiziato. È detto negli Atti degli Apostoli:  "Erode cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa e fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni. Vedendo che questo era gradito anche ai Giudei, decise di arrestare anche Pietro" (63).

Gli Atti, dunque, in questo verso nominano Giovanni, che altrove è detto “figlio di Zebedeo”, come fratello di Giacomo ma tacciono sulla medesima qualità di Simone (Pietro), tuttavia evidenziata nei già citati versi di Matteo e Marco.

La comune sorte di Giacomo e Simone, sembra trovare riscontro in Antichità Giudaiche di Giuseppe Flavio!

Quella che stiamo per riferire è soltanto la prima delle tante coincidenze che ci inducono a considerare gli scritti di Giuseppe Flavio (una volta epurati delle falsificazioni riconoscibili) un’autentica “cartina tornasole” delle confuse narrazioni neotestamentarie, indispensabile per comprendere fino in fondo chi fu in realtà Gesù di Nazareth e chi furono i suoi Apostoli o fratelli.

 

"Oltre a ciò Giacomo e Simone figli di Giuda Galileo, furono posti sotto processo e per ordine di Alessandro, vennero crocefissi; questi era il Giuda che - come spiegato in precedenza - aveva aizzato il popolo alla rivolta contro i Romani, mentre Quirino faceva il censimento in Giudea." (64).

 

Ecco dunque i “fratelli del Signore”, Giacomo e Simone, messi in catene circa quando lo furono Giacomo e Simone del Nuovo Testamento.

Ma la sorpresa più grande viene dal patronimico indicato: “figli di Giuda il Galileo”!

Giuda era, come abbiamo visto, oriundo della medesima città di colui che conosciamo con il nome di Gesù, con il quale condivideva, oltre che l’appellativo di Galileo, ideali, ambizioni, discendenza davidica e legittimazione al titolo di Re dei Giudei.

Ma se Giacomo e Simone erano figli di Giuda e fratelli di Gesù, non è normale pensare che anche Gesù fosse figlio di Giuda?

 

Tiberio Alessandro fu procuratore romano dal 46 al 48 d.C. e se Giacomo e Simone "vennero crocefissi" in tale periodo (come attestato da Giuseppe Flavio), non poterono più avallare il successivo operato di Paolo che invece, attraverso i loro "fantasmi", riuscirà negli Atti a dare continuità alla sua evangelizzazione di stampo "universale".

Ecco allora lo stratagemma orchestrato dagli Atti degli Apostoli: Simone (Pietro) viene salvato all'ultimo momento da un angelo:  "... ed ecco gli si presentò un angelo del Signore..." (65) e, con buona pace di Giuseppe Flavio che lo vede giustiziato, viene spedito con “cazzuola e cemento” a costruire la santa Chiesa di Roma.

Di Giacomo, invece, ne "salta fuori" un altro, volutamente appellato al posto del primo come fratello di Gesù, il quale, dopo aver svolto la sua funzione di testimone dell'operato di Paolo, può tranquillamente morire lapidato per decisione di Anano nel 62 d.c.!

 

" Con il carattere che aveva, Anano pensò di avere un'occasione favorevole alla morte di Festo mentre Albino era ancora in viaggio: così convocò i Giudei del Sinedrio e introdusse davanti a loro un uomo di nome Giacomo, fratello di Gesù, che era soprannominato Cristo, e certi altri, con l'accusa di avere trasgredito la Legge, e li consegnò perché fossero lapidati. (66).

 

Ma chi era, allora, questo Giacomo imputato insieme a “certi altri” di imprecisate trasgressioni?

Di sicuro non il primo (e unico) ma un altro che sembrerebbe creato ad arte, le cui vicende vengono "mescolate" a quello (presumibilmente per il motivo appena accennato) dai narratori neotestamentari.

Il passo di Antichità Giudaiche di sospetta genuinità, nel quale peraltro viene “riesumato” un Sinedrio “latitante” da decenni, ci lascia un Giacomo “consegnato” per la lapidazione ma non lapidato.

Lo stesso Giacomo sfuma anche dagli Atti degli Apostoli dove, comunque, era apparso fugacemente e sempre come una specie di immagine riflessa del suo omonimo crocifisso da Tiberio Alessandro.

È improbabile che Giuda, come d’altra parte qualsiasi altro uomo al mondo, possa aver dato a due figli lo stesso nome, e nel passo citato, inoltre, le parole “soprannominato Cristo”, considerando che si parla di un titolo regale e non di un nome o soprannome, denotano un’ignoranza inammissibile per il più accreditato storico e conoscitore dell’universo giudaico del I secolo, accettabile invece per approssimativi falsari e interpolatori stranieri dei secoli successivi, ossessionati dall’idea di farcire le opere dello storico con maldestre conferme di storicità per una figura (quella del Gesù paolino) coniata fuori dal tempo e dallo spazio, nei quali prese corpo e operò il movimento messianico insurrezionale.

 

Iniziando a sfrondare la folta schiera di “santi personaggi” replicati all’inverosimile, si inizia anche a districare la matassa di incertezze derivante dalla volontà piuttosto chiara dei narratori neotestamentari di disorientare il lettore per occultare la realtà dei fatti.

A proposito di disorientamenti, allo storico che confronti attentamente gli Atti con gli scritti di Giuseppe Flavio, non può sfuggire un particolare: nei primi Giacomo muore nel 44 d.c.”di spada” per volontà di Erode Agrippa e nei secondi per “crocifissione” e per decisione di Tiberio Alessandro nel 48. Quale delle due fonti è in errore?

Non certo Antichità Giudaiche, nella quale ci si riferisce a Giacomo e Simone come figli di Giuda il Galileo e quindi come rivoluzionari.

Erode Agrippa, in base alla propria limitata competenza territoriale, non avrebbe potuto condannare a morte un imputato per il reato di sedizione contro Roma ma al limite, previo parere del Sinedrio, soltanto per un reato di natura religiosa come la blasfemia.

Viceversa Tiberio Alessandro, procuratore romano, non avrebbe potuto condannare a morte un imputato (o due che siano) per un reato di natura religiosa, ma soltanto per un grave reato quale quello di sedizione contro Roma.

Di conseguenza, se negli Atti il supplizio di Giacomo non fosse stato ascritto al governo e alla volontà di Erode Agrippa ma a quelle di Tiberio Alessandro (come realmente fu), e se si fosse menzionata la croce (pena romana per reati contro Roma) invece della “spada”, sarebbe apparsa in tutta la sua evidenza la vera natura sediziosa del reato per il quale furono giustiziati i due… “santi” fratelli zeloti (67).

Proseguiamo nel confronto tra i “santi” Apostoli o fratelli del Nuovo Testamento e i volti che emergono dalla “fotografia di famiglia” dei figli di Giuda, che ha conservato per noi Giuseppe Flavio.